Teatro Forsennato/Andrea Cosentino
progetto Mara'Samort
in collaborazione con Coop Teatro
L’Asino Albino
uno spettacolo di e con
Andrea Cosentino
regia Andrea Virgilio Franceschi
collaborazione alla drammaturgia e alla
messa in scena Valentina Giacchetti
primo spettatore Antonio Silvagni
oggetti scenici Ivan Medici
Sto a fumà. Sennò che fai? Te metti a guardà l'artri? Che poi quelli te ponno dì: "Ma che me stai a guardà? Dì un po': e perché nun te fai guardà un po' tu?" Allora io m'accendo na sigaretta.Che te dà n'aria la sigaretta, che strizzi l'occhio, come se c'hai un pensiero. Che poi a quel punto te puoi pure mette a guardà l'artri. Che se quelli poi te dicono: "Ma che me stai a guardà? E perché nun te fai guardà un po' tu?" "Ma chi te guarda, aoh? Ma nun vedi che c'ho un pensiero?"
Un gruppo di turisti in giro per l'isola dell'Asinara, un tempo lazzaretto e campo di concentramento e carcere di massima sicurezza, oggi area protetta per la conservazione di un ecosistema naturale. I visitatori sono macchiette tratteggiate a pennellate grossolane nel loro aggrapparsi con ferocia svagata al presente, in una coazione a rimuovere il presentimento della fine. L'asino albino è il racconto di uno spettacolo, l'impossibilità del suo farsi che scivola in una epifania derisoria e tragica, in una apparizione invisibile per eccesso di luce.
RASSEGNA STAMPA
Chi l'aveva visto e ammirato nelle metamorfosi di "Andromaca" (…) avrà una conferma del suo fregolismo e della sua originale comicità. Vestito di bianco come il presentatore di un music-hall circense, su un'arena-isola cosparsa di cappelli, bambolotti di gomma, occhiali da sole, spray e altri accessori vacanzieri, Andrea Cosentino (…) si moltiplica in tutti i personaggi della gita. Li pedina, entra ed esce dalle loro conversazioni e dai loro pensieri con la leggerezza degli Esercizi di stile di Queanau e la padronanza di un burattinaio che muove a vista le sue creature. Mentre il filo dilagante della trama slitta dalla macchietta ai numeri da cabaret metafisico. Fino ad approdare in un amarissimo Paese dei Balocchi. L'eco delle risate si confonde con il raglio di dolore finale del pinocchiesco Asino Albino crocifisso da un controluce. Un possibile piccolo, grande "cult".
Nico Garrone La Repubblica
Artista dalla cifra stralunata e solitaria, dalla comicità sferzante e cupamente riflessiva, Andrea Cosentino si è da tempo conquistato un suo pubblico. (…) E' bravo a osservare il mondo, a guardare questa nostra Italietta piccina e trombona: la guarda con disincantato acume, con una sferzante ironia che non si trasforma mai in volgare satira. Così, con una flemma scanzonata (…) un ipotetico tour turistico dell'isola dell'Asinara, in Sardegna, diventa lo spunto per portare in scena una carrellata di personaggi scriteriati, ma anche per raccontare con partecipata emozione la storia di uno dei tanti Br rinchiusi in quello che fu il carcere di massima sicurezza. E il fantastico torpedone di turisti, con guida sarda, dà spunto a Cosentino per raccontare tutto questo, con grazia incantevole, e trasformandosi all'impronta (bastano un cappello, o un paio di occhiali, o una sigaretta per dar vita ai suoi surreali ma concretissimi personaggi). (…) Sulle tracce del famigerato (e in via di estinzione) Asino Albino, il tour diventa una passerella di animali grotteschi e agghiaccianti. Quell'umanità alla deriva, che Cosentino fa vivere sulla scena, è la specie senza vie di scampo, costretta a esibirsi sul palcoscenico della banalità quotidiana, tra incomprensioni e piccole (o grandi) violenze. E il doloroso raglio di un'asino chiamato al cielo non è che il dolore represso di quanti non sanno più chi sono. Il pubblico si diverte, sottolinea con il gusto dell'applauso momenti davvero esilaranti, segue incantato quell'attore, che sembra stanco e un po' annoiato, su e giù per l'Asinara…
Andrea Porcheddu Del Teatro
L'immaginario di un artista, autore intelligente e ottimo attore, ci dimostra come l'immaginario sia il mondo stesso. (…) Qui c'è tutto il mondo nel suo insieme, c'è l'oggi e c'è molto divertimento in sala. Una carrellata di personaggi che si trovano in gita turistica all'Asinara, ben differenziati con ironia nella diversa parlata e differente gestualità, personaggi che guardano con superficialità un'isola che ha molte storie da raccontare e memorie da conservare. (…) nel bel finale Pinocchio, trasformato in asino, troverà nel ragliare (…) il più efficace grido di dolore. Il dolore per la visione del cadavere dell'asino mostrato ai turisti solo da lontano, il dolore per un bimbo che riconosce le razze dei cani schiacciati sull'autostrada, il dolore di un uomo che si rifugia dietro una sigaretta e il dolore del tempo che passa, sottolineato dalla bella canzone di Leo Ferrè. Andrea Cosentino, di cui già avevamo apprezzato le capacità attoriali nell'Andromaca, diretta da Massimiliano Civica, in questo spettacolo riesce a dimostrarci anche le sue grandi doti di autore teatrale.
Carla Romana Antolini Liberazione
Cosentino si conferma un virtuoso della metamorfosi (…) e una personalità emergente di originale spessore nel panorama dei nostri monologanti attori-autori. Il tono iniziale con cui presenta i suoi personaggi e l'arrivo della comitiva turistica sull'isola è quasi da cabaret, per quanto già da subito incline al paradosso e allo humour amaro. Poi, poco alla volta, insieme alla moltiplicazione dei
personaggi, si assiste alla moltiplicazione e alla stratificazione dei registri espressivi. Il comico si apre al drammatico, quando Cosentino racconta delle migliaia di prigionieri morti in uno dei più dimenticati campi di concentramento, oppure quando fa rivivere, riprendendo frammenti di una testimonianza autentica, il progetto fallito di evasione e la rivolta dei brigatisti rinchiusi nel supercarcere. O ancora, quando l'unico asino albino visibile dell'isola è un cadavere, forse ucciso dai raggi solari non più filtrati dall'ozono. I personaggi sono tipici dell'italietta turistica, con efficaci marcature gestuali e vocali: (…) non si limita però alla facile caricatura, ma apre un sottotetto metafisico, costellato di interrogativi filosofici ed esistenziali portati a paradossi mai banali (incentrati soprattutto sul tema del tempo). E alcuni personaggi, anche tra i più rozzi, acquisiscono così una dimensione poetica originale, tanto più sorprendente in quanto inconsapevole. Questa capacità di visione epifanica è sostenuta da un sottotesto politico, o quanto meno etico: la desolazione di quest'isola, dove la bellezza della natura è schiacciata dai fantasmi di una memoria
insopportabile, riflette metaforicamente la desolazione di un'umanità allegramente alla deriva. …il finale dello spettacolo non poteva essere più riuscito: prima una progressiva e assoluta spogliazione della scena, dei personaggi e delle parole, poi, finalmente, l'apparizione, in un controluce abbagliante e metafisico, dell'attore trasfigurato (qui d'inquietante bravura) nel tanto atteso asino bianco, che saluta gitanti e pubblico con un prolungato e disperato raglio di dolore.
Andrea Balzola ateatro
…un lavoro complesso, agito su molti livelli, dai più semplici del ritmatissimo gioco di gags, a quelli più alti che dopo ogni risata fanno correre un brivido lungo la schiena. E' un gioco teatrale cosciente di sé nei dettagli minimi, che spinge violentemente al riso e nel punto di maggiore euforia mostra il baratro in cui ridendo e scherzando stiamo finendo. (…) Una spirale di frammenti comici esilaranti. Ma il valore qui è altrove. Il valore è che alla fine tutto torna. Quello di Cosentino è uno spettacolo programmatico e ogni singola battuta è parte di un disegno amaro studiato con estremo cinismo per ricondurre tutto al tema principale. E il viaggio all'Asinara, non è altro che la visita d'un gruppo di ordinari detenuti dai condizionamenti della società a un vecchio carcere il cui abbandono sancisce appunto il suo essere superato da sistemi di "contenimento" più efficaci. "L'asino albino", pur essendo uno dei lavori comici più divertenti e intelligenti degli ultimi anni, non ha nulla a che fare con le forme cabaret e rientra a pieno diritto nella nobiltà di una scena antica,
che da Fo arriva alla commedia attica.
Gian Maria Tosatti Il Tempo
Un'isola è un'isola, e un carcere è un carcere. Andrea Cosentino (…) ha indossato in uno straordinario assolo, i panni di turisti in cerca dell'isola incontaminata e quelli di un recluso nella stessa isola non per proprio atto volontario. L'Asinara è la location di questa storia tra il surreale e il troppo reale, che alterna passaggi di comicità esilarante a una disamina caustica della società civile e delle nostre incomunicabilità quotidiane; (…) Di questo mondo dove il vero è un momento del falso –come chiosava Debord- sono protagonisti alcune figure/maschere ritratte con gli eccessi da pièce dell'assurdo e cabaret espressionista: con cappellino, cuffia, telefonino si aggirano in tondo (l'isola) a visitare un altro cerchio (il carcere) inconsapevoli di abitare loro stessi in isolotti, e del vivere una vita alienata e ripetitiva, ridotta a gesti ridicoli e banali (fumare, abbronzarsi, far invidia all'amico che non è in vacanza). L'attore entra ed esce dal personaggio quale testimone dell'inferno del tempo subito cui ogni vivente sembra destinato e invita a fuggire alla sua morsa. Nello spazio-tempo dello spettacolo Cosentino ci trascina così con grande abilità affabulatoria antirealista in un tempo altro con uno sguardo, oltraggioso e tragico insieme, sul mondo e sulle sue "mutazioni antropologiche".
Anna Maria Monteverdi Hystrio
Tanti personaggi per un solo attore: molto bravo Andrea Cosentino nello spettacolo L'asino albino, (…) una creazione che mescola più registri e stili con ironia e intelligenza, tante figure che arrivano a interagire tra loro, buffe, caricaturali ma anche con una loro verità di disagio, d'instabilità. Così al divertimento, frequenti le risate del pubblico, una grande ammirazione per le capacità espressive, di metamorfosi, dell'attore, si mescola una sorta di amarezza per quell'umanità alla deriva che rappresenta il nostro mondo. Paradossi e poetica comprensione, frammenti di storia e sentimento dell'assurdo. Uno spettacolo di pregio, molto apprezzato, e motivatamente, nei festival estivi: Cosentino racconta, si muove in scena in modo del tutto personale, concentrato, riflessivo, una speciale quiete colma di gentile umorismo, che pure a tratti sa toccare punte di grottesca ferocia.
Valeria Ottolenghi gazzetta di Parma
Dal romano in crisi d'astinenza (perché non si può fumare) ai coniugi anglosassoni preoccupati dalle ustioni del sole sardo, i personaggi di Cosentino –da cui entra e esce utilizzando una serie di oggetti sparsi per la scena- sono una girandola di macchiette irresistibili, che guardano all'isola dell'Asinara come alla odierna area protetta da visitare. Ma l'Asinara supercarcere, e prima ancora campo di concentramento e stazione per la quarantena, riemerge nelle riflessioni di Cosentino, in grado di padroneggiare con maestria questa oscillazione tra comicità e dramma. Da non perdere.
Graziano Graziani Carta
Mescolando la storia vera di un brigatista lì a lungo recluso e il pittoresco quanto rozzo campionario umano del torpedone, Andrea Cosentino compone un monologo a più voci, poetico e di sferzante comicità, su un'Italietta alla deriva, squallida e trombona. Ha scritto un gran bel testo, amarognolo e surreale, ma è anche un ottimo attore, capace di entrare e uscire dai suoi mille personaggi con azzeccatissimi trasformismi e con una stralunata ironia da cabaret espressionista.
Claudia Cannella Vivimilano
In fondo sembra basti poco. Oggetti colorati in scena, qualche cuffia e un cappello, occhiali da sole, un pupazzo verde-fluo un po' marziano che diventa una bambina, un cerchio di plastica che rappresenta il disco solare ma anche il dentro-fuori quando occorre. E la parola. Veloce, quasi nevrotica. Anche perché la voce narrante deve star dietro all'intersecarsi dei personaggi, a trenta secondi l'uno dall'altro: il bauscia che schiaccia un cane in autostrada perché il figlio conosce gli animali solo a due dimensioni, l'opinionista dal ridotto vocabolario Verdone-Troisi style, due fanatici della tintarella, il fissato delle scritte sui muri che aggiorna ogni anno, qualche amico al telefono allo stadio terminale, un padre di poche e pesanti parole. E Ramataz, nome fittizio di un militante che ha pagato sei mesi di terrorismo con decenni di carcere e che l'Asinara, nel senso di carcere, l'ha fatta per davvero, tra una rivolta tentata e una riuscita. Ora che quella costruzione è un locus da visitare come l'asino albino è da fotografare, Andrea Cosentino prende spunto per le sue digressioni sul tempo e la sua ovvia relatività, cita Einstein e Sant'Agostino, irride cinico alla fissità dei tipi medi e mediocri che per anni ha visto durante le sue vacanze lassù, a un passo dall'isola esponenziale. Un Fregoli della sintassi e della cadenza, un Mangiafuoco che muove i fili e divora i suoi personaggi, fotogramma dopo fotogramma, un performer che aggiunge gesto e mimica alla nuova generazione del teatro della parola.
Giuseppe Cadeddu l'unione sarda
Non si riconosce come interprete del teatro di narrazione, e talvolta anche l'etichetta di "attore" gli va un po' stretta: Ma al di là di ogni plausibile classificazione, Andrea Cosentino è uno dei rappresentanti più originali del teatro italiano. (…) Fin dai suoi primi lavori nella veste di attoreautore, l'artista ha unito la graffiante comicità e il gusto del paradosso con una vigile coscienza critica, mostrando quanto il gioco del teatro sia abile nel condurre lo spettatore ad una riflessione sul presente. (…) Ne L'asino albino, Cosentino, virtuoso della metamorfosi scenica, ci offre il ritratto comicissimo e surreale di un gruppo di turisti impegnati in una escursione all'Asinara, isola che racchiude una natura apparentemente incontaminata, ma che è stata anche toccata dalla Storia: prima sede di un lazzaretto, poi di un campo di concentramento, e infine del carcere di massima sicurezza di Fornelli, ricordato soprattutto per aver ospitato molti brigatisti. (…) Sull'isolacarcere i turisti, esilaranti macchiette comiche, sono a loro volta dei reclusi, privi della possibilità di evasione, perfino immaginaria. (…) L'ultimo raglio di dolore dell'asino sardo è lo stesso dell'asino- Pinocchio, e proprio con una , l'artista ci offre un'altra chiave di lettura: il palcoscenico è il circo, la stanza dei giochi dove l'asino-Pinocchio si esibisce, e il dolore dell'animale è il dolore della natura, schernita, brutalizzata e ridotta alla fine. Quello di Andrea Cosentino è uno sguardo oltraggioso e tragico insieme; una comicità irresistibile e intelligente, che mescola con leggerezza registri e stili diversi.
Cinzia Santomauro E Polis
Fine osservatore della banalità umana, Andrea Cosentino ne offre un divertente spaccato nell'Asino Albino (…). Così ecco il racconto dei turisti, quello che chiama insistentemente gli amici rimasti al lavoro per fare invidia, quello che si preoccupa delle parole crociate o delle sigarette… In questa parodia, solo i bambini non si lasciano distrarre dalle favole, ma pretendono di vedere l'asino albino, enigma zoologico e specie rara esclusiva dell'isola, che nel finale sembra apparire, nella luce del sole, unica possibile redenzione per un'umanità molto sola. A un'eterna infanzia, infine, riporta la scena, un tappeto bianco rotondo, pieno di giochi, dove il bravo Andrea Cosentino cerca di fermare il tempo.
Giovanna Crisafulli La Repubblica
Sarà la levità con cui, nello scambio tra un cappello e un bambolotto di gomma, l'attore Andrea Cosentino sosta sulla balorda italianità riscontrabile in una gita turistica all'Asinara, sarà l'asciuttezza di una scenografia che raccoglie in una cesta tutti i giochi, le illusioni e i dolori di una vita, oppure sarà per il testo, un fiume di parole che rimanda al riso e si riduce al raglio. Sarà per tutto questo e molto altro ancora che, uscendo dal teatro, si ha la sensazione che con "L'asino albino" (…) ci sia stato uno scambio e che questo gioco (…) ti abbia davvero coinvolto.
Tiziana Carpinelli il piccolo
Fra le gag studiate dall'autore davvero spassosa quella del bimbo di città che scopre la terza dimensione degli animali pensando che questi ultimi siano solo le "pellicce spiaccicate" sulle strade: una tra le migliori battute sentite nell'ultima generazione di comici italiani. Lo spettacolo (…) è stato molto applaudito dal folto pubblico monfalconese.
Martina Apollonio il gazzettino
Suadentemente e dolcemente prende il via un meccanismo teatrale prorompente, vivace, surreale, dissacrante, malinconico, rievocativo, tragicomico, farsesco e drammatico al contempo, un gioco rocambolesco di caratterizzazioni esasperate ed uniche che inondano la platea di slanci emotivi, riflessioni esistenziali acute, figure poetiche intense, divertimento sagace. In chiave originale, colorata e geniale, clownesca-sperimentale, l'unico interprete in scena gioca al gioco magico e sfrenato del racconto sensoriale-evocativo-percettivo-caricaturale fatto, non solo con le parole, ma soprattutto attraverso una camaleontica mimica facciale, una danza gestuale e funambolica. E' un attore versatile e spontaneo che si avvale di una recitazione sofisticata e consapevole e di una gestualità prorompente, facendo pulsare in scena frammenti, evocazioni, simboli improvvisati, suggestioni verbali, composizioni motorie sincopate, parole fluide e fluenti, citate come un cronista d'assalto televisivo, gesti banali ma profondi.
Mariangela Petruzzelli la Nuova Basilicata
Lo fa anche Andrea Cosentino ne "L'asino albino", in cui sono cuciti con garbo e maestria spunti comici e momenti di riflessione, passaggi ironici e percorsi di analisi introspettiva. La scena accoglie, attraverso una serie di istantanee individuali e di gruppo, l'escursione di alcuni turisti in visita all'isola che ospita, oltre a un carcere ormai in disuso, gli ultimi esemplari del leggendario asino albino. Fra quei turisti, fra le creme solari, i mozziconi di sigaretta, i materassini gonfiabili e gli occhialoni da sole, fra i ricordi di prigionia sull'isola arsa dal sole, al riparo della favola bella e irreale del mitico equino, tenta lo sboccio anche il fiore impossibile di una conversazione fra padre e figlio. Ma il tentativo di dialogo fra i due mondi è subito impoverito e scarno. Il copione, non solo quello teatrale, prevede che si reiterino sempre le stesse battute, dette e ridette in un cellulare estivo. "Dove sei?" "Stai bene?" "Che tempo fa lì?" Sospettiamo che sia proprio il tempo, forse, l'elemento chiave. Sul tempo si annoda il simbolo dell'incomprensione: un tempo che vorremmo limitare a espressione meteorologica e che immediatamente si dilata per ricomprendere una dimensione storica ed esistenziale. Non il tempo delle vacanze, delle nuvole e del sole, ma il tempo che passa, e che torna; il tempo della ripetizione e dell'avanzare del nuovo; il tempo che cambia le persone e le relazioni; il tempo che scandisce le trasformazioni, che ci spinge, come padri e come figli, a quei cambiamenti che non vorremmo mai vedere, mai affrontare. Un tempo che separa le generazioni, che attraversiamo armati del semplice contatto vocale con chi è venuto prima di noi. Un tempo assordante, che tentiamo di soffocare con risposte evasive a domande
rituali, prima di rifugiarci, finalmente, nel silenzio.
Giorgio Merlonghi amnesiA Vivace
La scena diventa un circo della fantasia in cui il domatore immerso nel bianco come in sogno, cattura la nostra immaginazione, le fa fare capriole, piroette e divertenti salti attraverso il cerchio della realtà, la porta su una spiaggia lungo un mare azzurro, fino al carcere dove negli anni settanta i brigatisti venivano reclusi in regime di isolamento, e al buffo vociare dei turisti si sovrappone il ricordo di un ex-detenuto politico. L'apparizione del misterioso animale, che in un enigmatico raglio pare schernire i vacanzieri affanni, gli uomini e l'umanità intera, conclude il viaggio in un'immagine finale di cupa bellezza. Ci si diverte in un altro modo in questo spettacolo, come se ci facessero il solletico al cervello (…) E' proprio il contrario del cabaret televisivo che ormai cola anche nei locali e sui palcoscenici di prestigiosi teatri; l'attore in questo "cabaret metafisico" appende la fantasia a spericolati fili illogici, libera l'anarchico bisogno di ridere del fanciullo che ognuno di noi nasconde. Ve lo consiglio, non perdetelo e mi sarete grati di avervi fatto conoscere Andrea Cosentino, ricorderete L'asino albino tra i migliori one-man-show degli ultimi anni.
Gordon T. GLOB excite